sabato 18 ottobre 2008

‘D’un tratto nel folto del bosco’ di Amos Oz (2005).


Maya e Mati si rendono conto di essere cresciuti in un mondo senza creature viventi a parte gli esseri umani, nemmeno insetti e larve, vespe, mosche, formiche, vermicelli, zanzare e tarme si vedono più da anni. Anche i pescatori e i cacciatori se ne sono andati visto che il fiume è vuoto di pesci e la selvaggina è scomparsa. La maledizione che ha colpito il paese lascia dietro di sé una scia di vittime. La gente ancora in grado di ricordare di solito preferisce tacere, negare, fare finta di avere dimenticato.
I due bambini, invece, vengono attratti dall’idea di avventurarsi verso una realtà diversa. Qui potranno finalmente conoscere quegli animali di cui hanno tanto sentito parlare a scuola, dove la maestra Emanuela ha raccontato loro come sono fatti, ne ha ritagliato sagome colorate e le ha appese insieme a loro.
Per nessuna ragione i bambini hanno il permesso di uscire di casa dopo il tramonto, se chiedono ai genitori il perché, quelli si fanno scuri in volto e rispondono che la notte è pericolosa e il buio un crudele nemico.
Molti anni prima, Nehi, il demone dei monti, aveva radunato un lungo corteo di creature e aveva portato via per sempre tutti gli animali. Egli ancora scende dal suo castello in montagna per vagare nei boschi intorno al villaggio, poi, con le prime luci del giorno, ritorna a sparire nelle tenebre della vegetazione.
Una notte Mati e Maya decidono di spezzare l’incantesimo, di abbattere il muro del silenzio e partono verso i sentieri del bosco. I bambini trovano la strada che li porta al castello proibito, alla scoperta di una dimensione differente, quella della pace profonda di un luogo già conosciuto chissà quando, forse ancor prima di nascere, o subito dopo. Un giardino dell’Eden popolato dalle mille creature assenti dal loro mondo. Il padrone di casa li accoglie con il racconto del suo passato di bambino emarginato e schernito dagli altri. Nehi rivela ai giovani ospiti il senso della sua scelta di isolamento, parla delle ragioni della sua fuga dal reale a favore di un luogo diverso in cui poter vivere. Nel parco gli animali sono i suoi soli compagni e l’unica vergogna è quella di prendere in giro qualcuno. I ragazzi promettono allora che non avrebbero raccontato niente a nessuno di quel nascondiglio segreto tra i monti, nemmeno delle meraviglie del parco. Ma chi gli avrebbe creduto? Li avrebbero solo presi in giro. Del resto, “il castigo dei dubbiosi è quello di suscitare sempre il dubbio, e persino di dubitare dei dubbi che loro stessi gettano. Mentre il castigo dei diffidenti è quello di diffidare sempre di tutto, giorno e notte. Diffidare persino di se stessi e delle proprie diffidenze”.

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